Malattia di Parkinson
Aggiornamento in Medicina
L'ipotensione ortostatica e il deterioramento cognitivo sono due elementi non-motori dello spettro dei disturbi da corpi di Lewy che hanno un impatto sull’indipendenza.
Uno studio proof-of-concept ha esaminato il flusso ematico cerebrale ( perfusione ) come mediatore di ipotensione ortostatica e attività cognitiva.
In 15 pazienti con disturbi da corpi di Lewy è stata stimata la perfusione regionale con risonanza magnetica e tecnica ASL ( arterial spin labeling ) pseudo-continua, ed è stata quantificata l’ipotensione ortostatica dalla variazione della pressione arteriosa sistolica nella posizione supina e in piedi.
I pazienti sono stati confrontati con un campione abbinato di adulti senza demenza ma con malattia cerebrale dei piccoli vasi.
Rispetto al gruppo vascolare, i pazienti con disturbi dei corpi di Lewy hanno mostrato più bassa perfusione ai lobi temporali e occipitali che a lobi frontali e parietali ( P minore di 0.05 ).
Una maggiore caduta ortostatica della pressione sistolica è risultata associata a più bassa perfusione occipito-parietale in questi pazienti ( P non-corretto minore di 0.005; dimensione dei cluster 20 o più voxel ).
Anche se l'ipotensione ortostatica e l’ipertensione supina erano fortemente correlate ( r=-0.79, P minore di 0.001 ), i modelli di associazione per ciascuna con la perfusione erano distinti.
In particolare, l'ipertensione supina era associata ad alta perfusione dei territori cerebrali anteriore e medio, nonché a bassa perfusione delle regioni posteriori.
La perfusione nelle regioni definite da ipotensione ortostatica è stata direttamente correlata alle prestazioni nei test visuo-spaziali e di attenzione, indipendentemente dalla gravità della demenza ( P minore di 0.05 ).
In conclusione, secondo questi risultati l’ipoperfusione cerebrale regionale è legata alla ipotensione ortostatica, e può essere coinvolta in deficit cognitivi dominio-specifici nei disturbi da corpi di Lewy. ( Xagena2016 )
Robertson AD et al, Parkinsonism Relat Disord 2016; 22: 80-86
Neuro2016